Recensione di Alain Chivilò

Da Le Grazie
poema incompiuto di Ugo Foscolo

Forse (o ch’io spero?) artefice di numi,
nuovo meco darai spirito alle Grazie
che or di tua man sorgon dal marmo: anch’io
pingo, e la vita a’ miei fantasmi ispiro;
sdegno il verso che suona e che non crea;
perché Febo mi disse: io Fidia primo
ed Apelle guidai con la mia lira.


Nella contemporaneità parlare di bellezza non è così semplice. I canoni che la definiscono sono cambiati attraverso l’avvento di nuove generazioni, ma soprattutto nuovi costumi sociali. Nel secolo scorso una situazione bella si evidenziava naturalmente e con stile, mentre oggi deve aiutarsi attraverso supporti che si generano in ambienti di confine tra l’eccentricità e la volgarità. Tutto si compie in istanti che si dileguano velocemente, perché l’importanza odierna si determina nell’essere presenti al fine di farsi comunque notare. Di conseguenza, oggi più che mai, la bellezza si configura come un enigma dalle molteplici soluzioni. Su di essa, nel Canzoniere, Francesco Petrarca cantava di una “cosa bella e mortal passa e non dura”, mentre di tutt’altra interpretazione è la definizione di Oscar Wilde perché rappresenta “l’unica cosa contro cui la forza del tempo è vana” in quanto “ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni essendo un possesso per tutta l’eternità”. Tali contrapposizioni fanno percepire chiaramente come la bellezza ruoti lungo un’illusione ammiccante da un lato l’effimero e dall’altro l’eterno. Proprio in quest’ultimo la scultura, nelle svariate determinazioni, trae la sua forza partendo dall’indicazione fornita da Auguste Rodin: “la forma nuda dell’uomo non appartiene a nessun particolare momento nella storia; essa è eterna e può essere ammirata con gioia dalla gente di tutte le età”.

Il Maestro Sergio Comacchio, in una disamina figurativa, ha trovato nella scultura e nel disegno massima espressione. Proprio levando il superfluo dalla materia al fine di ridurla a una forma del corpo (definizione cara al Vasari), si possono apprezzare le qualità innate dell’artista. Diversamente dalla contemporaneità divisa tra forme irregolari, cerebrali spesso in giochi di luce, l’artista riscopre nella classicità l’eleganza della bellezza.

Attraverso un’interpretazione personale, l’aver aderito a un gusto caro al mondo classico gli consente di cogliere le essenze migliori determinando uno stile proprio. Un arco temporale che unisce non solo l’antica Grecia e l’impero Romano, ma trova nel Rinascimento e nell’Impressionismo francese valide corrispondenze.

Le sculture di Comacchio non possono che emanare saggezza, senza cercare situazioni compositive impossibili. Le sue figure femminili dal piacevole e affascinante stile rappresentano forza e dolcezza come una donna moderna richiede. L’abilità del Maestro consiste nel sublimare corpi trasformando simultaneamente la loro stessa essenza, idealizzandoli all’interno di rapporti segreti divisi tra l’essere ideale/reale, assoluto/relativo. Proprio ispirandosi ad Antonio Canova, le opere di Comacchio diventano misurate e armoniche differenziandosi lungo una maggiore introspezione psicologica, che risulta assente nelle perfette anatomie neoclassiche dello scultore di Possagno. L’attualità di Comacchio consiste nel dosare alle sue opere differenti stati d’animo senza esasperazioni. La staticità scultorea permette di avvertire un piacere spirituale, che anima la semplicità e la natura di tutte le cose in forma genuina e certa, aderendo al credo di Egdar Degas che otteneva “la verità grazie alla scultura, poiché quest’ultima obbliga l’artista a non trascurare nulla di quello che conta”.

Sergio Comacchio, attraverso una ricerca semplice ma meditata, ottiene una “finezza e pulitezza tanto perfetta” per una grazia senza fine, riprendendo la critica di Antonio Vasari dedicata all’interprete dell’umanesimo scultoreo fiorentino Antonio Rossellino. Un paragone sinergico, poiché l’eleganza e il naturalismo trovano in essi vivaci corrispondenze per una rappresentazione non forzata ma sempre alta e di classe.

Comacchio dunque, grazie al personale saper fare, ferma nei suoi lavori l’energia ideativa al fine di creare semplice contemplazione, catturando simultaneamente quella vitalità che si cela in essi al fine di domare e contemporaneamente nutrirsi della stessa: tutto dunque pare bloccato all’interno di momenti atemporali dell’anima. Le sue sculture creano dialoghi segreti all’interno dei quali la bellezza, presente costantemente, si genera nella mente di colui che le ammira, soffermandosi alla loro vista senza porsi interrogazioni. Ogni posa delle sue creazioni ha un diritto esclusivo, che deve essere percepito solamente attraverso i cinque sensi. Ecco che il segreto artistico di Sergio Comacchio si rileva, perché la suadente armonia dei suoi lavori vive in liriche esperienze emotive.

Le creazioni scultoree del Maestro sono opere che fanno riflettere e permettono a coloro i quali le ammirano di fermare il fluire degli eventi. Hanno nel loro dna un tempo dell’attesa, in quanto la posizione e l’espressione, unitamente al loro incedere nella scena, determinano l’aspettativa di qualche accadimento che avverrà a breve. Spesso le braccia e le mani si uniscono creando una posizione atta ad effettuare un ulteriore movimento: un’azione ipotetica è pronta così ad essere esternata dopo un istante di riflessione, che lo scultore ben riesce a rendere in modo armonico. Lo sguardo è sempre vivo indicando delle personalità proattive e decise verso la vita.

La vitalità artistica del Maestro non è presente solamente nelle sculture, ma anche in diversi studi e disegni che sublima in veri e propri lavori di ricerca. Attraverso l’utilizzo di tecniche su carta quali la fusaggine, il guazzo, le matite elaborate e l’acrilico riesce a vedere la forma come ideazione e concetto. Le sue figure sono sinuose e sensuali, a volte parzialmente abbozzate, per una femminilità raffinata e morbida. La mano traccia in modo libero e disinvolto, consentendogli effetti delicati anche con pochi tratti. Citando Henri Matisse, per Comacchio “disegnare è come fare un gesto espressivo .. con il vantaggio della permanenza”, perché l’esercizio artistico è sempre effettuato dall’artista di Loria in modo sincero e assiduo, studiando costantemente il modello che vuole rappresentare per rendere lineare la morbidezza delle forme.

Scultura e disegno traggono dunque reciproca sinergia, permettendo al Maestro Sergio Comacchio di creare figure lungo un linguaggio luminoso e semplice ma soprattutto naturale. Le percezioni di canoni quali l’eleganza e il bello sono sempre presenti perché “la bellezza insieme alla grazia sono l’oggetto principale della scultura”, come ben evidenziato da Arthur Schopenhauer.

Le opere suscitano una sensazione di piacere estetico, permettendo nella frenetica contemporaneità di essere intellettualmente colte senza alcun ripensamento, perché la bellezza è una situazione effimera nella vita umana, ma non è fugace in quanto la forza dell’arte ha un potere concesso proprio dalla stessa mano dell’uomo: preservare nei secoli, salvo eventi catastrofici, quella intensa e piacevole emozione di appagamento che si avverte innanzi agli attraenti lavori suddivisi tra sculture, disegni ed oli di Sergio Comacchio.